Scivoli di nuovo

Lunedì mattina. Stazione di Milano. Binario 5 in attesa del treno.

E’ bastato voltare lo sguardo e imbattermi nell’insegna luminosa enorme “RoadHouse” per farmi attraversare come un treno in corsa da un’orda di emozioni, sensazioni e nostalgia. E’ incredibile di come una semplice insegna colorata possa scatenare un mix sentimentale non indifferente, a ricordo di quel giorno dove è iniziato tutto… dove è cominciato qualcosa che in realtà non sarebbe mai nato.

Ti spezza dentro vedere qualcuno scivolarti via dalle mani e non riuscire né poter fare niente per trattenerlo, per far girare la ruota nel verso che vuoi tu almeno per una volta.

Ricordo tutto di quella giornata.

Il giorno prima si era svolto il matrimonio delle mie amiche, un weekend stupendo dove ho conosciuto persone che sono diventate parte di me in una frazione di secondo; potrà sembrare strano, ma per la prima volta nella mia vita mi sono sentita davvero parte di qualcosa, di qualcuno. Uno di quei momenti in cui vorresti fermare il tempo e, contemporaneamente, uno di quei momenti in cui non vorresti accadessero di nuovo. Perché soltanto a posteriori ti rendi conto di come avresti potuto agire, pensare, comportarti diversamente…

Che cazzo c’entra il RoadHouse in tutto ciò? Il giorno dopo la cerimonia abbiamo pranzato con la famiglia delle mie amiche proprio in quel locale in stazione; era tardi e a breve sarebbe arrivato il mio treno. Essendo io l’unica a dover partire, mi sono preparata per cominciare a salutare i presenti intorno a me. Non ho fatto in tempo a capire cosa stesse succedendo che sono stata travolta da uno stretto abbraccio quasi bisognoso.

E’ passato quasi un anno da quel giorno e ancora non mi perdono il fatto di non essermi goduta quel gesto. E’ bastato un “Aspetta, c’era prima tuo fratello in coda (a salutarmi)” per sciogliere troppo velocemente un abbraccio che non avrei avuto mai più.

In quel momento volevo solo stare tra le sue braccia, non me ne importava niente di tutti gli altri; stava per arrivare il treno, stavo per allontanarmi (forse per sempre) da lui… Io ingenuamente ho pensato -saluto tutti e poi lo stringo di nuovo, con più calma, godendomi meglio il suo calore e la sua presenza- visto anche com’erano andate le cose tra di noi il giorno prima. Ma non sapevo che non ci sarebbe stato abbastanza tempo, non sapevo che una volta sciolto quell’abbraccio non ne avrei avuto un secondo.

Né un secondo né altri futuri. O meglio, ce ne sono stati altri in seguito, ma nessuno con il calore e il bisogno di quel preciso momento.

Non so perché io abbia voluto raccontare queste cose, è partito dall’aver visto quella maledetta scritta in stazione. Mi sono ritrovata risucchiata in un vortice di… tutto. Mi sono tornate le risate di quel giorno, l’odore che c’era nell’aria, la frenesia delle persone intorno a noi frettolose di mangiare perché ormai si ha sempre troppa fretta, le chiacchiere, il contatto, le dita intrecciate.

La preoccupazione nei suoi occhi.

L’ansia nei miei.

E alla fine, è arrivato il treno.